venerdì 20 maggio 2011

Percorso Casa-Scuola2

ore 9.31 del mattino, 5 maggio 2011

Cartelli triangolari, cartelli circolari, cartelli triangolari al contrario, strisce pedonali orizzontali, strisce pedonali parallele, crepe nelle strisce pedonali, crepe che portano dall’altro lato della strada dove imperano cartelli triangolari, cartelli circolari, cartelli triangolari al contrario, cartelli rettangolari, cartelli accecanti, cartelli pieni di luce riflessa del sole mattutino, cartelli infilzati da pali dritti, da pali infilzati nell’asfalto nuovo, nell’asfalto vecchio, nell’asfalto pieno di buchi, di segni di ruote di moto, motori, motorini, biciclette, cavalletti e tacchi.
Cartelli buttati a terra nel giardinetto, pali dei cartelli accanto a tronchi di alberi. Tronchi di alberi sotto i quali cascine di legno secco scricchiolano più forte del traffico, più forte del rombo delle macchine portato via dal vento.
“Un vento boia”, un vento assassino, un vento fastidioso per i capelli pettinati di una ragazza, per un asciugamano tigrato steso su un terrazzo, per una signora piegata come la lettera A alla ricerca di qualcosa nell’erba, per il cane della signora piegato con il muso a cercare qualcosa nell’erba. Vento fastidioso o vantaggioso per i volantini pubblicitari sparsi per la strada, per gli aghi di pino caduti sulle diverse macchine, per un cancello che cigola, per un uomo che, nudo, chiude una finestra poco sopra al cancello, una finestra che dà sulla strada.
 La telecamera davanti all’ingresso registra i movimenti dalla parte opposta rispetto all’uomo, ma le persone in strada non fanno altrettanto. Le persone in strada guardano la finestra dai vetri appannati mentre con i piedi calpestano fiori gialli. Fiori gialli che si erigono su lunghi steli verdi come una gru gialla lì davanti, che passa davanti alla finestra e si erige su un lungo camion arancione.
Ragazzi davanti a cancelli che cercano di pubblicizzare qualcosa, di lasciare in mano ad altri ragazzi volantini già visti, volantini sospinti dal vento e buttati a terra da persone poco interessate. Buttati a terra sulle ombre degli alberi che si susseguono, buttati a terra sull’ombra di un albero attorno al quale c’è dello scotch. Scotch avvolge un albero. Scotch avvolge due alberi. Scotch attorno a tre alberi. Scotch circonda quattro alberi. Scotch attorno a tutti gli alberi del mondo fino a perdersi di vista.
Cartelli sugli alberi, cartelli sui pali, annunci sugli alberi, annunci sui pali. Macchie su alberi, macchie su pali, macchie su un muro, macchie a terra di sputo, inchiostro, schizzi d’acqua, schizzi di vernice, piedi che schizzano, saltano, piedi che chiedono di comprare “Lotta Comunista offerta libera a partire da un’offerta di soli 3 euro.” “Guarda, ne ho solo uno.” “Ma dai, non ne hai neanche cinque? Cinque euro!” “Torno dopo. Mi raccomando, aspettami.” Voci che si disperdono e piedi che si allontanano. Scarpe che si incrociano a piedi un po’ più in vista. Piedi neri, in comodi mocassini. Piedi di un venditore ambulante.
Strisce pedonali, murales e scritte sui muri di un asilo chiuso dentro ad un cancello. “Bambini precoci.” “O adulti imbecilli.” Boob. Boop. Bop. Tette, insomma. Basterebbe conoscere l’inglese.
Vento che spinge. Vento che sposta due sedie di plastica rosse che riposavano sopra a un terrazzo. Un tavolino di plastica rosso indifferente alla spinta del vento sullo stesso terrazzo. Vento che accompagna dentro la cancellata verde di una ex-yogurteria con mulino in legno e ciminiera, vento che sospinge un’antenna sul tetto, un’asta di legno sospesa e consunta sopra la porta d’ingresso, vento che sospinge rose rosse e rosa. “Rose curate dalla Lia.” La bibliotecaria. E non solo.

Margehrita Tercon

mercoledì 18 maggio 2011

Percorso Casa-Scuola

4 Maggio 2011, h.9.15

Un urlo seguito da due colpi forti.

Una signora tira dei pugni contro il vetro della fermata del tram dall’altra parte della strada. Cammina avanti e indietro borbottando tra sé. Si innervosisce ancora di più quando nota che, nell’altra direzione, si sta avvicinando il tram 15.

Il 15 si avvicina. Direzione P.za Fontana.

Le porte si aprono, poi vengono accompagnate dal suono di chiusura. Sbattono.

Dentro: scritte, segnali di divieto, indicazioni, cartelli di tutti i colori. Lampeggia la scritta rossa: “FERMATA RICHIESTA STOP REQUESTED”, la scritta verde e rossa “Linea 15”, maniglie in metallo grigio con pomelli rossi “Allarme Passeggeri, Alarm”, cartelli di divieto di fumare,

“Fermata: Tibaldi”

Un adesivo sulla porta: “MTA olos elas is noc otnemucod ib oiggaiv obilav”.

“Prossima Fermata: Giambologna.”

Curva a sinistra.

“Fermata: Giambologna.”

Partenza.

Fuori: palazzi di cemento e mattoni a vista color mattone, erba curata e non curata, una ragazza con un cappello blu, una gonna blu, delle calze collant blu e delle ballerine blu, mattonelle color mattone chiaro, un bidone verde scuro, un bidone verde scuro con posacenere. Tutto scorre, resta sotto lo sguardo per pochi secondi.

“Prossima Fermata: Castelbarco.”

Sulle mura di un palazzo “Via Giambologna”.

“Fermata: Castelbarco”.

Piedi sulle mattonelle color mattone, piedi sul marciapiede.

Lime Light.

Frastuono di motorini e macchine.

Strisce pedonali.

Marciapiede.

“Gente, Gioia, Eva3000, Rakam”. È un’edicola. “Più Case, Meno Cerchi”.

Foglie secche a terra.

Numero 9 di una qualche casa.

Piazza Angelo SRAFFA, Giurista 183-1937.

In piazza Sraffa, un giardino, giochi per bambini, panchine.

Cielo grigio.

Palazzi con mattoni a vista color ruggine.

Una cupola verde con croce nera.

Palazzo con mattoni a vista. Una volta devono essere stati bianchi. Pennellate rosa, beige, giallo scuro e chiaro si sovrappongono e scrostano.

Un bidone in mezzo al parchetto. Nero.

Crepe nell’asfalto.

Divieto d’accesso.

Marciapiede.

Motorini.

Mattoni a vista su palazzi a sinistra.

Baracchino. Sbarre nere e aranciognole.

Alberi. Motorini, motorini, biciclette, sbarre.

Terra, strisce pedonali.

Attraversamento pedonale dove, dall’altro lato della strada, attende un motorino blu.

Via Salasco.

Distributore di benzina Q8, blu.

ROHAI, palesta con Chi Kung.

Foglie verdi coprono sbarre di ferro arrugginito al “Nido d’Infazia Salasco.”.

Macchine parcheggiate, macchine che vanno.

Scritte sui muri.

“Perché stasera non vai a teatro?” “Posti Letto” sbiadito.

Cancellata verde, asfalto, un tombino grigio chiaro.

Profumo di rose.

Gradini in discesa.

Rose Rosse.

Gradini in salita.

Sulla destra, aule ancora vuote.

Uccellini.

Un gatto.

Atrio.

Un telefono che suona.


Margherita Tercon

sabato 14 maggio 2011

Pausa Pranzo alla Paolo Grassi2

4 Maggio 2011

Nessuno sale e nessuno scende le scale.
Voci.
Una persona entra nella stanza delle macchinette.
Tante persone in fila davanti ai forni a microonde.
Fila di persone, fila di righe orizzontali su magliette, righe orizzontali attorno a magliette, file di righe verticali su pantaloni da ginnastica, file di righe orizzontali e verticali a formare camicie a quadri, file di righe e righe e linee rette e curve; tutto si snoda.
Nella coda davanti ai microonde, corde, elastici, lacci, laccetti. Lacci corrono tra i capelli legati dei ragazzi, lacci più in alto, lacci più in basso.
Lacci nelle scarpe bianche da ginnastica, lacci mancano in scarpe dove buchi rivelano dovrebbero esserci, dei lacci. Ciabatte di plastica senza lacci, ciabatte bucate fucsia, ciabatte bucate viola.
Una, due, tre, quattro persone con ciabatte.
Un paio di infradito. Dita dei piedi che ballano.
Scarpe da ginnastica.
Piedi nudi, piedi scalzi, piedi con calzini sporchi, piedi su un pavimento blu e arancione.
Sul pavimento cade una forchetta. Una ragazza si piega a raccogliere la forchetta, lasciando penzolare contro al pavimento un laccio del suo zaino bianco con pois arancioni.
Zaini appesi alle spalle delle persone, zaini buttati sotto le macchinette, borse a pois blu, come il pavimento.
Sul pavimento si riflette il sole che entra dalla finestra.
Il sole brilla sulla forchetta impugnata dalla ragazza, dalla ragazza che ora gesticola.
La forchetta rivolta verso il viso di un ragazzo, la forchetta rivolta verso il petto della ragazza che parla. La forchetta viene immersa tra riso e piselli nella vaschetta appena calda di microonde.
Il caldo della vaschetta fumante, il caldo dei microonde, il caldo che esce dai distributori, il caldo del frigorifero, il caldo del sole ancora riflesso a terra e delle finestre chiuse. Il caldo delle persone che respirano. Il caldo delle due, tre, quattro, cinque, sei, sette persone in fila.
Righe gialle nelle scarpe grigie. Righe gialle sulla suola delle scarpe. Righe gialle, piccoli tubi gialli sfarfallano nel neon sulle teste delle persone. Linee gialle tornano a disegnare la superficie delle scarpe grigie per poi riflettersi sul pavimento e allontanarsi dal distributore davanti al quale si erano fermate a riflettere. Linee gialle si avvicinano alla porta, incrociandosi con riflessi più scuri, con scarpe in movimento, scarpe ferme.
Scarpe attendono in fila, scarpe fanno qualche passo e si fermano ancora, piedi si grattano l’un l’altro, piedi si fanno scherzi. Ciabatte strisciano e, altre scarpe ancora, si allontanano soddisfatte dal suono del microonde. Il suono, il trillo si alza nell’aria, gira per tutta la stanza. Voci che bisbigliano, solo una o due voci a volume più alto.
Voci coperte dal ronzio delle macchinette.
Confusione. Un ragazzo apre la finestra.
Voci, ronzio delle macchinette, suono dei forni a microonde e ora, uccellini.

Margherita Tercon

venerdì 13 maggio 2011

Pausa Pranzo alla Paolo Grassi

3 Maggio 2011

Ore 13 e 54 minuti su un forno a microonde,
ore13 e 45 minuti sul display dell’altro.
Contrariamente al solito e alle altre pause-pranzo, non c’è nessuno. La stanza è vuota.
Ronzio delle macchinette.
Gli sportelli dei due forni a microonde sono chiusi. Non c’è niente dentro.
Una ragazza entra nella stanza. Si dirige alle macchinette. Si ferma davanti al distributore di merendine. Lo guarda. Esce dalla stanza senza prendere niente.
Davanti alla porta passa un ragazzo alto, con un maglione nero. Dietro di lui, una donna bassa, capelli castani. Entrambi portano gli occhiali. Passano davanti alla stanza senza nemmeno guardarci dentro.
La stanza delle macchinette è vuota.
Entra una donna. È vestita di nero. Con la mano destra inserisce la tessera nel distributore di tessere. Ci infila una, due, tre, quattro monete. Schiaccia l’apposito pulsante e la tessera esce, ricaricata. Si dirige poi verso un distributore, ci infila la tessera. Quando esce dalla stanza ha in mano una merendina “Parmigiano e Cracker Sfoglia di Grano”. Era il tasto numero 5, da 1.20€.
Entra un ragazzo con i capelli lunghi legati sulla testa. Ha due borse a tracolla, un giaccone e in mano un contenitore di plastica. Apre il forno a microonde più vicino alla porta, toglie il coperchio e mette la vaschetta di plastica nel microonde. Gira la rotella, lo punta su 3min. Esce mentre il piattino gira. Nella vaschetta: spaghetti con condimento rosso e pezzi di cibo nero, melanzane o cozze: il vetro è sporco, non si vede bene.
Entra una ragazza con i capelli rossi, carnagione chiara a contrasto con la gonna nera. Non è molto alta. Si dirige verso il distributore delle bevande, infila la tessera e prende una bottiglietta d’acqua. Si sposta verso il numero 21 di un’altra macchinetta: una brioche Bauli.
La ragazza fa un giro su se stessa, si avvicina al forno, apre la bottiglietta d’acqua e ne beve un sorso. Ride. Sola. Apre il pacchetto Bauli contenete la brioche, apre il forno e ci infila la brioche. Punta su un minuto.
Nel frattempo ritorna il ragazzo che aveva messo gli spaghetti nel microonde e dà un’occhiata a un distributore di merendine. Torna a guardare quanto manca al momento in cui i suoi spaghetti saranno caldi: due minuti.
Esce.
La ragazza con i capelli rossi, che intanto guardava la sua brioche girare sul piattino, gira la rotella del suo forno, lo fa trillare anticipatamente ed estrae la brioche solo dopo qualche secondo.
Entra una ragazza di corsa. Si lancia sul frigorifero, si strofina le mani, poi lo apre. Estrae un oggetto molto piccolo, esulta. È contenta di averlo trovato. Abbraccia la ragazza con i capelli rossi e le due escono insieme.
La stanza è vuota.
Ronzio delle macchinette.
Entra un uomo con i capelli grigio-bianco con due ragazze, una più alta e una più bassa. Tutti indossano delle scarpe grigie contornate da una linea gialla. Linee gialle corrono su tutta la superficie delle scarpe. Linee gialle corrono anche sotto la suola delle scarpe. Linee gialle si riflettono sul pavimento.
L’uomo si ferma sull’ingresso, la ragazza più bassa va ad un distributore, infila la tessera, preme il pulsante che da rosso diventa rosso lampeggiante e prende una bottiglietta d’acqua naturale “Nestlè – Vera” da 0,35€. Contemporaneamente, la ragazza più alta fa lo stesso gesto, ma su un altro distributore di bevande.
Le ragazze escono con in mano le bottigliette d’acqua.
L’uomo lancia un’occhiata fuori dalla finestra, poi esce dalla stanza a mani vuote.
Il pavimento non riflette più linee gialle.
Ronzio delle macchinette.
Il piattino nel forno a microonde più vicino alla porta continua a girare.
La rotella del forno a microonde più vicino alla porta continua a girare. Mancano pochi secondi.
Rientra il ragazzo che aveva messo il contenitore di plastica nel forno. Guarda fuori dalla finestra.
Il suono del campanello del microonde. Il ragazzo si avvicina al forno, apre lo sportello ed esce dalla stanza con la vaschetta in mano. Non indossava più né la giacca, né le due borse a tracolla.
La stanza vuota, un forno a microonde con lo sportello chiuso, quello appena utilizzato con lo sportello appoggiato.
Entra la donna bassa e castana con gli occhiali che precedentemente era passata davanti alla porta senza nemmeno dare un’occhiata alla stanza. Si dirige verso il distributore di merendine. Fa per infilare la tessera, ma vede che ce n’è già inserita una. Schiaccia il pulsante e la estrae.
Guarda la tessera che ha in mano.
“C’è una scheda qui.”
“Ah. Beh, se vedo qualcuno glielo dico. No, cioè, visto che resterò qui per un po’...”
“Semmai la porto io nell’atrio. Dalla signorina.”
“Ah, anche. Cioè, non lo so. Di solito… Non so, non so se lo vanno a chiedere là, di solito. Non so. Però forse sì.”
Silenzio.
La donna guarda la finestra. Appoggia la tessera sotto la finestra. È dubbiosa.
“La lascio lì?”
“Non lo so.”
Silenzio.
“Io di solito quando le trovo, le lascio sopra la macchinetta. Però…”
“Sopra la macchinetta?”
“Sì, però… Non so.”
Lascia la tessera sotto la finestra.
“Vabbè. La lascio qui. Vuoi qualcosa?”
“No, no, grazie. Sono a posto.”

<<Durante le ultime parole sono entrati due di teatrodanza.
Due di teatro. Tre. Due di teatro/ Tre teatrodan/ Quattro. Cinque persone che aprono in due i coperchi e mettono le cose nel microonde.
Ecco, ora si sta creando confusione,
Ora che/ ne sta arrivando un’altra, allora/
Allora, quattro… una/ quattro…cinque, due. Saranno una decina di… Non si riesce a contare.
Che sono ammassati al microonde e sono altri…e ce ne sono…del terzo anno, ancora. Uno e un altro e ancora.
È diventato superaffollato e ciao.
C’è una fila lunghissima, fino alla finestra. Si riempie la stanza e gente con sacchetti dell’Esselunga, con vaschette e capelli legati sulla testa e vestiti da ginnastica, e calzini e piedi nudi e scarpe e tanti vestiti neri, tanti attori del terzo anno e microonde con vaschette e rotelle che girano e… macchinette e distributori poco assediati. Tante voci, tanta confusione.
Non ci si passa, non ci si muove.
È diventata la solita pausa pranzo alle macchinette.
Qualcuno ha preso dell’acqua.
Due, tre minuti. Un orologio e un bicchiere appoggiati sul microonde più vicino alla porta.
Qualcuno ha infilato nel forno qualcosa, da scaldare.
Trilla il campanello di un forno.
Molte persone hanno visto la tessera, ma
La tessera è ancora sotto la finestra.
Tante cose, tanto cibo, si è riempito tantissimo, tantissimo.>>


Margherita Tercon