Cartelli triangolari, cartelli circolari, cartelli triangolari al contrario, strisce pedonali orizzontali, strisce pedonali parallele, crepe nelle strisce pedonali, crepe che portano dall’altro lato della strada dove imperano cartelli triangolari, cartelli circolari, cartelli triangolari al contrario, cartelli rettangolari, cartelli accecanti, cartelli pieni di luce riflessa del sole mattutino, cartelli infilzati da pali dritti, da pali infilzati nell’asfalto nuovo, nell’asfalto vecchio, nell’asfalto pieno di buchi, di segni di ruote di moto, motori, motorini, biciclette, cavalletti e tacchi.
Cartelli buttati a terra nel giardinetto, pali dei cartelli accanto a tronchi di alberi. Tronchi di alberi sotto i quali cascine di legno secco scricchiolano più forte del traffico, più forte del rombo delle macchine portato via dal vento.
“Un vento boia”, un vento assassino, un vento fastidioso per i capelli pettinati di una ragazza, per un asciugamano tigrato steso su un terrazzo, per una signora piegata come la lettera A alla ricerca di qualcosa nell’erba, per il cane della signora piegato con il muso a cercare qualcosa nell’erba. Vento fastidioso o vantaggioso per i volantini pubblicitari sparsi per la strada, per gli aghi di pino caduti sulle diverse macchine, per un cancello che cigola, per un uomo che, nudo, chiude una finestra poco sopra al cancello, una finestra che dà sulla strada.
La telecamera davanti all’ingresso registra i movimenti dalla parte opposta rispetto all’uomo, ma le persone in strada non fanno altrettanto. Le persone in strada guardano la finestra dai vetri appannati mentre con i piedi calpestano fiori gialli. Fiori gialli che si erigono su lunghi steli verdi come una gru gialla lì davanti, che passa davanti alla finestra e si erige su un lungo camion arancione.
Ragazzi davanti a cancelli che cercano di pubblicizzare qualcosa, di lasciare in mano ad altri ragazzi volantini già visti, volantini sospinti dal vento e buttati a terra da persone poco interessate. Buttati a terra sulle ombre degli alberi che si susseguono, buttati a terra sull’ombra di un albero attorno al quale c’è dello scotch. Scotch avvolge un albero. Scotch avvolge due alberi. Scotch attorno a tre alberi. Scotch circonda quattro alberi. Scotch attorno a tutti gli alberi del mondo fino a perdersi di vista.
Cartelli sugli alberi, cartelli sui pali, annunci sugli alberi, annunci sui pali. Macchie su alberi, macchie su pali, macchie su un muro, macchie a terra di sputo, inchiostro, schizzi d’acqua, schizzi di vernice, piedi che schizzano, saltano, piedi che chiedono di comprare “Lotta Comunista offerta libera a partire da un’offerta di soli 3 euro.” “Guarda, ne ho solo uno.” “Ma dai, non ne hai neanche cinque? Cinque euro!” “Torno dopo. Mi raccomando, aspettami.” Voci che si disperdono e piedi che si allontanano. Scarpe che si incrociano a piedi un po’ più in vista. Piedi neri, in comodi mocassini. Piedi di un venditore ambulante.
Strisce pedonali, murales e scritte sui muri di un asilo chiuso dentro ad un cancello. “Bambini precoci.” “O adulti imbecilli.” Boob. Boop. Bop. Tette, insomma. Basterebbe conoscere l’inglese.
Vento che spinge. Vento che sposta due sedie di plastica rosse che riposavano sopra a un terrazzo. Un tavolino di plastica rosso indifferente alla spinta del vento sullo stesso terrazzo. Vento che accompagna dentro la cancellata verde di una ex-yogurteria con mulino in legno e ciminiera, vento che sospinge un’antenna sul tetto, un’asta di legno sospesa e consunta sopra la porta d’ingresso, vento che sospinge rose rosse e rosa. “Rose curate dalla Lia.” La bibliotecaria. E non solo.
Margehrita Tercon