Ci riprovo.
Felicissima di aver trovato una
cosa che ho messo erroneamente dello scatolone.
Anzi, nella scatolina.
Lamictal 50 mg, compresse
dispersibili/masticabili (masticabili assolutamente no! Fanno veramente
schifo), Lamotrigina. Un brik da 14 pillole, nel mio caso, equivalenti a 7
giorni di trattamento.
Medicine per l’epilessia.
Interessanti, oserei dire.
Scatolone dei ricordi o no, le
prendo da quando ho 14 anni e, in tutti questi anni, non ho mai smesso di
prenderle.
Il dosaggio è andato aumentando
dopo la prima ed unica crisi, per poi calare con lo scorrere degli anni, per
poi arrivare ad un mesetto fa, in cui il mio elettroencefalogramma era finalmente
perfetto e la macchiolina nel mio cervello scomparsa.
Peccato non essere una persona
regolare. La dimostrazione è questo brik: ci sono 13 pillole e, a quanto pare
ne ho presa solo una. Le altre sono scadute. E queste medicine scadono dopo anni.
Beh, potrei parlare di mille cose
con queste medicine in mano. Come hanno influenzato la mia crescita? Il mio
umore? Il fatto che gli effetti collaterali siano peggiori di quelli positivi?
O forse il non potere mai perdere il controllo della mia mente perché
rischierei di andare in un ennesimo blackout?
O potrei dire quanto sia divertente
lamentarsi delle luci lampeggianti che mi attaccano in continuazione, ma alle
quali posso benissimo resistere? O parlare delle persone che mi circondano:
quelle che mi compatiscono e quelle che mi prendono per il culo? Beh, io
preferisco sempre le seconde.
C’è tempo per soffrire per me.
Per esempio dopo morta. Per ora ridiamoci su. Quant’è bello avere delle
malattie? Quante cose ti danno da dire, da raccontare?
Insomma, esiste un vecchio che
quando incontra un altro vecchio (o facciamo, chiunque altro) non si metta,
prima o poi, a parlare dei suoi mali?
Esiste una madre che non parli
con un’altra madre della malattia di suo figlio? Esiste un bambino che non sia
stato felice della febbre per non andare a scuola?
Le malattie sono motivo di
scambio di opinioni, sentimenti, scherzi, prese per il culo; sono modi di
conoscere persone. Ma che bello.
Io ogni tanto schiumo dalla
bocca.
Da piccola sognavo sempre di
svenire. Nei film svenivano, nei libri svenivano, perché non poteva succedere
anche a me? L’ho desiderato tanto, tantissimo. E ce l’ho fatta.
Alla fine è un po’ come drogarsi,
come ubriacarsi, come anestetizzarsi, è uno staccare totale dal mondo, è un
dormire puro e pesante, un sonno senza sogni, è uno svegliarsi a metà della
velocità, è un fare colazione che consiste solo nel fare colazione e non andare
oltre al pensiero di pucciare il biscotto nel latte.
Il mio è uno sdraiarsi a terra,
vibrare un po’ al ritmo della musica e delle luci della discoteca nel mio
cervello e poi risvegliarsi riposati, un po’ rincoglioniti.
Questa è vita.
Margherita Tercon