giovedì 1 dicembre 2011

Il Supermercato


Non so bene cosa dire sul supermercato. So che mi è sempre piaciuto andare al supermercato. 

Forse mi è sempre piaciuto perché quand’ero piccola ci andavo con la mamma. E forse perché era uno dei pochi momenti in cui potevo stare con la mamma. Forse mi veniva a prendere a scuola alle elementari e poi mi chiedeva se la accompagnavo a fare la spesa. E io ero felice. 

E io prendevo i sacchetti per aiutarla, ma non so se l’aiutassi veramente, contando quanto erano piccole le mie mani e quanto sono sempre state deboli le mie braccia. Ma la nonna lo diceva, aiuta a portare i sacchetti e farai bella figura. E io l’aiutavo a portare su le borse per le scale e lei mi diceva sempre “ma come sei forte” e io ero felice. A volte le portavo anche solo la borsa per farmi dire dalla nonna quanto ero forte. E anche lei all’uscita dalle elementari mi portava al bar a mangiare il winner taco. E io ero così grassa. Ma ero con la mia mamma e la mia nonna. 

E a volte la mamma non poteva venirmi a prendere a scuola e quando non veniva la Lalli, la baby-sitter che mi portava a casa e giocavamo agli animali mentre mi scappava la cacca, beh, quando non veniva lei, veniva la nonna. E prima di andare a casa della nonna andavamo sulla Cinquecento a un minimarket sulla spiaggia. E c’erano alberi e strada e carrelli fuori dal market. E la nonna parcheggiava la Cinquecento e noi entravamo. Non mi piaceva molto, era un po’ oscuro. Non so se c’è ancora. Ma le cassiere salutavano la nonna. E la nonna le salutava e si conoscevano tutti. E poi mangiavo dalla nonna. 

Ma la nonna ha perso la memoria e non mi veniva più a prendere a scuola, non guidava più, faceva piatti sempre più semplici e poi, quando dopo le lezioni alle superiori andavo io, sapevo già che non avrei trovato niente perché lei si dimenticava di fare la spesa. 

E doveva scrivere il bigliettino che venivo io e io venivo ma in frigo non c’era niente. 

Allora un giorno era venuta anche Iris, ma non c’era niente e lei si era arrabbiata. Non c’era niente anche se avevano aperto un supermarket vicino a casa della nonna e non c’era più bisogno di prendere la macchina. Allora la sera ero io a portarle un panino e a volte a pranzo si ricordava di mangiare un tramezzino, nient’altro, ma non sapeva se l’aveva mangiato o no e le cose andavano a male in frigo. 

Allora poi la spesa è andata a farla la badante. È lei che fa la spesa. Ma lei compra le cose che costano meno, le più scadenti. E io non mangio più dalla nonna. Io sono a Milano. 

Ma ci mangia il nonno. Al nonno ancora un po’ lo riconosce. Di me non sa niente. Mi da del lei. E il nonno mangia dalla nonna anche se sono separati perché le vuole tanto bene e perché la badante prepara il pranzo a tutti e due. 

E la sera se ne va via di nascosto, altrimenti la nonna è triste. Invece se lui esce di casa alle sue spalle lei si dimentica e non ricorda che lui le ha fatto compagnia tutto il pomeriggio. Ma la badante non sa fare da mangiare bene ma a volte ci fa delle sorprese perché va a prendere il cibo dai pullman che vengono dal suo paese nel parcheggio dove si vedono sempre tutte le badanti e comprano le loro cose in nero e danno comunicazioni ai familiari. E quindi la nonna mangia quelle cose lì. E la nonna ha sempre amato la cucina della sua terra. Ma ora non capisce più cosa mangia e non sa più qual è la sua terra. 

Questo è quello che ho da dire sul supermercato.


Margherita Tercon